mercoledì 6 agosto 2014

Mitologia e psicologia. 7) Aspetti femminili nel maschile, aspetti maschili nel femminile. Adone: quando è l'uomo a perdere se stesso nelle relazioni


Finora le divinità dell'antica Grecia considerate su questo blog, nella sezione "Mitologia e psicologia", sono state tutte di sesso femminile.
Si è trattato più che altro di una scelta di tipo organizzativo, e conto di estendere un po' alla volta il discorso anche alle divinità maschili. 
Intanto però vorrei fare una precisazione, e cioè che non è detto che gli aspetti caratteristici di una dea, solo perché si tratta di una divinità  femminile, non possano essere presenti in certe dosi anche in un uomo. E così viceversa, nel senso che anche in una donna possiamo trovare alcuni aspetti della personalità considerati di solito tipicamente maschili. 
Lungi dall'essere monoliticamente maschio o femmina, ognuno di noi può riconoscere in se stesso la presenza di attributi tipici di varie divinità, che non sono necessariamente tutte del proprio stesso sesso.
Si pensi, per esempio, ai molti uomini che al giorno d'oggi vivono la propria genitorialità con uno stile più simile a quello di  Demetra che a quello di Zeus, perché sono padri caldi, empatici ed accudenti verso i figli (e un po' materni insomma), senza che ciò implichi una messa in discussione della loro  virilità e delle loro caratteristiche maschili in genere su altri fronti.
Questo giusto per dire che il discorso condotto finora sulle dee può interessare anche gli uomini e non solo per comprendere meglio le donne, ma per comprendere meglio anche se stessi.
L'ultima dea da noi considerata, in ordine di tempo, è stata Persefone, la cui qualità saliente può considerarsi la cosiddetta "ricettività" cioè, in estrema sintesi, la capacità di ricevere ciò che gli altri hanno da dare.
Tradizionalmente la ricettività è considerata una proprietà del "principio femminile" (del principio Yin, per intenderci,  e non delle donne come persone) e in sé e per sé non è una qualità né buona né cattiva. 
Tuttavia, come abbiamo visto nel post dedicato a Persefone, essa può diventare dannosa se degenera fino al punto da rendere una persona  succuba degli altri, in balia di ciò che le danno, le fanno, eccetera; insomma fino a condurla a perdere se stessa nelle relazioni.
A questo rischio non sono esposte solo le donne.
Anche gli uomini lo corrono, benché ciò sembri confliggere con l'idea tradizionale della mascolinità, a cui si attribuiscono abitualmente proprietà quali l'essere attivo (anziché  passivo) e indipendente (anziché dipendente).
Queste ultime tuttavia sono proprietà tipiche del "principio maschile" (nel senso di Yang), ma non necessariamente anche degli uomini, intesi come persone.
Ed è ciò che il mito di Adone, che ora passiamo ad esaminare, sembra appunto confermare.
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Un giorno Afrodite mandò a Persefone, giù negli Inferi,  una cassa di legno perché la custodisse. 
Nella cassa c'era Adone, un giovinetto di sfolgorante bellezza di cui Afrodite s'era innamorata.
Quando Persefone aprì la cassa fu anch'essa colpita dalla bellezza del ragazzo e decise di tenerlo per sé.
Scoppiò allora una lite furibonda tra le due dee, che si contendevano il possesso di Adone, proprio come un tempo Demetra e Ade si erano contesi il possesso di Persefone.
Zeus allora fu chiamato a decidere e stabilì che Adone sarebbe stato un terzo dell'anno con Persefone, un terzo dell'anno con Afrodite e un terzo dell'anno per conto suo.
Ma Afrodite indossò una cintura che la rendeva sessualmente irresistibile e fu così che Adone decise di dedicare a lei anche il tempo in cui poteva disporre liberamente di se stesso.
Quando Persefone venne a saperlo, andò su tutte le furie.
Riferì allora l'accaduto ad Ares che, mosso a sua volta dalla gelosia per Afrodite, si trasformò in cinghiale ed incornò Adone all'inguine, uccidendolo.
Dal sangue del ragazzo sparso al suolo crebbero gli anemoni, a cui il mito di Adone resta associato.

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Le affinità tra la vicenda di Persefone (clicca qui) e quella di Adone sono di tutta evidenza.
Molte cose dette a proposito della dea e del suo modo di vivere le relazioni affettive valgono, con i dovuti adeguamenti, anche qui e non starò a ripeterle.
Nel caso di Adone, è certamente molto significativo l'atteggiamento di Zeus che, con la sua sentenza, ritenne equo (da maschile a maschile) riservare al giovinetto un tempo tutto per sé, e quindi rispettare un suo ambito di autonomia, sottraendolo alle brame delle due dee in contesa. 
Com'è significativo, per contrasto, il fatto che Zeus non sembrò porsi lo stesso problema quando erano  in gioco le sorti di sua figlia Persefone (quasi a voler sottolineare come la mentalità patriarcale tendesse, per tradizione, a favorire più  l'autonomia dei figli maschi  che quella delle figlie femmine).
Il fatto poi che Adone sia stato così  irresistibilmente attratto da Afrodite da rinunciare per lei alla sua autonomia, suggerisce altre tre brevi riflessioni, e cioè:
  • primo, che forse non bastano le sole decisioni di Zeus (e quindi le attese della cultura e del contesto sociale) a donare ad un uomo l'autonomia di pensiero, di sentimento e di azione che gli consentano di vivere se stesso come essere separato e indipendente, dentro e fuori dalle relazioni; è necessario a tal fine che si compia  un processo di maturazione e di crescita (che Adone non attua, perché resta un giovinetto fino alla fine: infatti muore giovane e non fa in tempo a maturare);
  • secondo, che in questa contesa tra Persefone e Afrodite, Afrodite per vincere usa l'inganno (la cintura magica), e Persefone si vendica con una mossa mortifera, il tutto come a voler sottolineare l'aspetto ingannevole e di profondo tradimento che si attua ai danni di un oggetto d'amore quando amarlo significa semplicemente volerlo catturare, possedere e farne un prigioniero che non scappi ("tu sei mio e ti voglio avere", anziché "la relazione con te è mia e la voglio coltivare");
  • terzo, che alla fine un amore siffatto può avere qualità mortifere e castranti. Come conseguenza dell'annullamento di sé per amore di Afrodite, Adone va incontro alla morte. Il cinghiale-Ares gli si avventa contro e lo trafigge, colpendolo peraltro proprio all'inguine, come appunto a castrarlo.
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"In contrasto con l’unione simbiotica, l’amore maturo significa unione a condizione di preservare la propria integrità, la propria individualità." (Erich Fromm)
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