sabato 13 giugno 2015

Mindfulness. I pilastri della pratica


Quando ci dedichiamo alle pratiche di mindfulness, chi ci guarda da fuori potrebbe anche avere l'impressione che non stiamo facendo niente, mentre in realtà siamo impegnati in un lavoro invisibile. Stiamo infatti coltivando l'arte di restare nel presente, attenti momento per momento alla nostra esperienza di esistere, consapevoli delle nostre sensazioni fisiche, dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, dei nostri impulsi a reagire  automaticamente agli stimoli e alle provocazioni.
Con il tempo e la pratica regolare, la mindfulness ci può dare accesso ad una dimensione di maggiore quiete e serenità interiore, rendendoci più padroni delle nostre emozioni e dei nostri comportamenti, più resistenti allo stress, più liberi di scegliere le nostre azioni, più padroni delle nostre risposte alle richieste del mondo e anche alle nostre pressioni interne.
Ma tutto questo sarà possibile solo se ci dedicheremo alla pratica con energia e dedizione.
Il nostro impegno dovrà essere infatti regolare e costante (quotidiano e protratto nel tempo), proprio come se si trattasse di un allenamento atletico. E questo ci richiederà autodisciplina, perché dovremo riuscire a riservare ogni giorno un tempo alla pratica, qualunque sia il programma della nostra agenda, sia che ne abbiamo voglia, sia che non ce l'abbiamo, sia che abbiamo ritmi che lo consentano, sia (e forse a maggior ragione) che non li abbiamo.
Inoltre per coltivare la consapevolezza e coglierne i frutti (calmare la mente, rilassare il corpo, riuscire a concentrarsi, vedere con chiarezza dentro di sé, convivere con le malattie, i dolori e le difficoltà conservando il gusto di vivere) non basta eseguire meccanicamente gli esercizi e aspettare che succeda qualcosa.
Bisogna assumere e coltivare deliberatamente l'atteggiamento giusto, ovvero un insieme di atteggiamenti che ci aiutino ad ottenere il massimo dal processo di meditazione.
Per esempio chi è scettico e disimpegnato, convinto in cuor suo che non succederà niente, probabilmente porterà poca energia e poco impegno nella pratica, e facilmente otterrà la conferma di ciò che pensava, cioè che la mindfulness non gli serve a niente.
Allo stesso modo, coloro che si avvicinano alla mindfulness con troppo entusiasmo, come credenti che hanno trovato il Cammino, e che si aspettano miracoli dalla loro fede nella meditazione, potrebbero restare delusi nel notare che restano le stesse persone di sempre e che la pratica richiede impegno e dedizione, e non solo fede romantica.
Jon Kabat-Zinn dice che, nella sua esperienza, le persone che ottengono i risultati migliori dalla pratica, sono quelle che si accostano alla pratica con un atteggiamento scettico ma aperto, come quello di uno scienziato che dica: "Non so se questo esperimento darà qualche risultato utile - ho i miei dubbi - ma ci metterò tutto il mio impegno e la mia energia, e starò a vedere cosa succede". 
A proposito dell'atteggiamento giusto con cui avvicinarsi alla meditazione, nel suo libro Vivere momento per momento Kabat-Zinn suggerisce di coltivare sette aspetti particolarmente importanti per sostenere la nostra pratica e consentirci di trarre da essa i maggiori benefici.
Essi sono:
- non giudizio
- pazienza
- mente del principiante
- fiducia
- non cercare risultati
- accettazione
- lasciar andare.
Si tratta di aspetti che possono essere coltivati autonomamente, ma che non sono indipendenti l'uno dall'altro, perché ognuno di essi è in qualche modo legato agli altri.
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Vediamo ora in sintesi in cosa consistono questi sette pilastri della pratica.

1) Non giudizio
Quando assumiamo l'atteggiamento di testimoni imparziali della nostra esperienza, ci accorgeremo ben presto che la nostra mente esprime continui giudizi sulla nostra esperienza (es. questo è buono, questo è cattivo). Noi semplicemente osserveremo che ciò avviene e impareremo a distaccarcene.
Per esempio, mentre pratichiamo la pratica formale di osservazione del respiro, può darsi che la nostra mente ci dica "Che noia", oppure "Non funziona", o ancora "Non ci riesco". Questi sono tutti giudizi.
Noi li riconosceremo come tali, ci ricorderemo che la pratica richiede la sospensione del giudizio e l'osservazione di qualsiasi cosa si presenti e allora, senza lasciarci coinvolgere e senza agire su di essi,  prendiamo atto che nel nostro presente esistono anche quegli eventi mentali (quei giudizi) e ritorniamo all'osservazione del respiro.
  
2) Pazienza
"La pazienza è una forma di saggezza", dice Kabat-Zinn. "Essa nasce dalla comprensione e accettazione del fatto che le cose hanno un loro naturale tempo di maturazione. Un bambino può provare ad aiutare una farfalla a uscire dalla crisalide aprendo il guscio: ma questo 'aiuto' non è particolarmente benefico per la farfalla. Un adulto sa che la farfalla può uscire dalla crisalide solo al momento giusto e che il processo non può essere accelerato artificialmente.
In questo spirito, durante la pratica della consapevolezza, coltiviamo la pazienza nei confronti del nostro corpo e della nostra mente. Ci ricordiamo deliberatamente che non c'è ragione di irritarci con noi stessi perché la nostra mente è costantemente occupata a giudicare, o perché ci sentiamo tesi, agitati o spaventati, o perché pratichiamo già da un po' di tempo senza aver ottenuto risultati. Invece ci lasciamo lo spazio per vivere queste esperienze. Perché? Perché sono comunque la nostra esperienza del momento.
[...] Pazienza significa anche sapere che non occorre riempire tutti i momenti della nostra vita di attività e di pensieri per arricchirli. Anzi, proprio il contrario è vero. Pazienza è essere semplicemente aperti a ogni momento e accettarlo nella sua pienezza così com'è, sapendo che, come la farfalla nella crisalide, le cose maturano quando è il loro tempo." 

3)  Mente del principiante
"Troppo spesso lasciamo che i nostri pensieri e le nostre presunte conoscenze ci impediscano di vedere le cose così come sono. Tendiamo a dare per scontato il quotidiano e perdiamo di vista la straordinarietà dell'ordinario. Per coltivare la ricchezza del momento presente, dobbiamo coltivare quella che è detta, nello Zen, 'mente del principiante': una mente che è disposta a guardare ogni cosa come se la vedesse per la prima volta.
Un esperimento interessante è coltivare la 'mente del principiante' nella vita di tutti i giorni. [...] Puoi farlo con i problemi che ti si presentano quotidianamente. Puoi farlo quando sei in mezzo alla natura: riesci a veder il cielo, le stelle, gli alberi, l'acqua, le pietre così come sono in questo momento, con mente limpida e sgombra? Oppure li vedi attraverso il velo dei tuoi pensieri?"

4) Fiducia
"Sviluppare una fiducia di fondo nella tua esperienza e nelle tue sensazioni, è parte integrante dell'addestramento alla meditazione. E' meglio fidarti della tua intuizione e della tua propria autorità, anche se puoi fare degli 'sbagli', piuttosto che cercare sempre una guida fuori di te. Se in un certo momento una certa cosa non la senti giusta, perché non rispettare la tua sensazione? Perché scartare o sottovalutare quello che senti solo perché una certa autorità o un certo gruppo di persone la pensa diversamente?
Questa fiducia in te stessa e nella tua fondamentale saggezza è molto importante in tutti gli aspetti della pratica di meditazione. E ti sarà particolarmente utile nella pratica dello yoga: facendo i vari esercizi è importante che rispetti i messaggi del tuo corpo quando ti dice di fermarti o di alleggerire una certa posizione, altrimenti potresti farti male.[...]
Praticando la consapevolezza, pratichi anche un'assunzione di responsabilità, la responsabilità di essere te stessa e di imparare ad ascoltarti e ad avere fiducia nel tuo essere. Più coltivi questa fiducia nel proprio essere, più troverai facile aver fiducia anche negli altri e contattare la loro bontà di fondo."

5) Non cercare risultati
"Quasi tutto quello che facciamo lo facciamo per ottenere un certo risultato. Ma nella meditazione questo atteggiamento può essere un ostacolo [...] perché in ultima analisi la meditazione è non fare. Non ha altro scopo che quello di permetterti di essere te stessa. L'ironia è che lo sei già! [...]
Per esempio, ti siedi a meditare e pensi: «Adesso mi rilasso». Oppure: «Non sentirò più il mio dolore». O: « Diventerò una persona migliore» [...] Così facendo hai già programmato un'idea di come dovresti essere. Ad essa si accompagna inevitabilmente l'idea che non vai bene così come sei. [...]
Questo atteggiamento è un ostacolo allo sviluppo della consapevolezza, che richiede semplicemente di fare attenzione a qualsiasi cosa stia succedendo al momento. Se sei tesa, fai attenzione alla tensione. Se provi dolore, stai con il dolore meglio che puoi. Se ti stai criticando, osserva l'attività della mente giudicante.
[...] nella meditazione la via migliore per ottenere risultati è quella di non cercare di ottenere risultati, e di concentrare invece l'attenzione sul vedere e accettare le cose così come sono momento per momento. Con pazienza e una pratica regolare, il movimento verso i risultati avverrà da sé. Esso sarà uno sviluppo spontaneo: tu ti limiti a fargli spazio e a invitarlo dentro di te."

6) Accettazione
"[...] L'accettazione di cui parlo è semplicemente una disponibilità a vedere le cose così come sono. E' l'atteggiamento che crea i presupposti per un'azione appropriata nella tua vita, di qualsiasi cosa si tratti. E' molto più facile agire con convinzione ed efficacia quando abbiamo una chiara immagine di come stanno le cose, che quando la nostra visione è velata da giudizi e desideri.
Nella pratica della meditazione coltiviamo l'accettazione prendendo ogni momento così come viene e vivendolo nella sua pienezza.  Non cerchiamo di sovrapporre all'esperienza le nostre idee su cosa dovremmo sentire, pensare o vedere, bensì restiamo ricettivi a ciò che sentiamo, pensiamo e vediamo in questo momento. Di una cosa possiamo essere certi: che ciò che è oggetto della nostra attenzione in questo momento cambierà, offrendoci l'occasione di coltivare l'accettazione di ciò che si presenterà al momento successivo."


7) Lasciar andare
Si dice che in India esista un sistema particolarmente astuto per catturare le scimmie.
Si pratica in una noce di cocco un foro abbastanza largo da consentire ad una scimmia di farci passare la mano, ma non abbastanza grande da farci passare il suo pugno.
Se si fissa stabilmente ad una palma la noce di cocco e ci si mette dentro una banana, può capitare che una scimmia ci metta dentro la mano, per prendere la banana. In tal caso resterà intrappolata nella noce di cocco, perché il pugno non ne esce. L'unico modo per liberarsi sarebbe lasciar andare la banana, ma sembra che il più delle volte non lo faccia.
"Spesso la nostra mente", dice Kabat-Zinn," resta intrappolata proprio come quella delle scimmie, malgrado tutta la nostra intelligenza. Perciò coltivare il non attaccamento, la capacità di lasciar andare, è fondamentale per la pratica della consapevolezza. Quando cominciamo a fare attenzione alla nostra esperienza interna, ben presto scopriamo che ci sono pensieri, sentimenti e situazioni che la mente vuole trattenere. Se sono piacevoli, cerchiamo di prolungare questi pensieri, sentimenti e situazioni o di rievocarli continuamente.
Analogamente, ci sono pensieri, sentimenti ed esperienze che cerchiamo di evitare perché sono spiacevoli, dolorosi o spaventosi.
Nella pratica della meditazione, mettiamo deliberatamente da parte la tendenza della mente ad attaccarsi a certi aspetti della nostra esperienza e a respingerne altri. Lasciamo invece che l'esperienza sia quello che è e l'osserviamo istante per istante.
[...] Così facendo possiamo imparare molte cose sui nostri attaccamenti e sul loro effetto nella nostra vita, e anche sull'effetto dei momenti in cui finalmente lasciamo andare.
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[...] L'esperienza di lasciarsi andare non è un'esperienza strana o sconosciuta: la incontriamo ogni sera quando ci addormentiamo.
[...] Se non riusciamo a lasciarci andare, non riusciamo ad addormentarci. Quasi tutti abbiamo vissuto momenti in cui la mente non voleva acquietarsi quando andavamo a letto. E' questo uno dei primi segnali di un livello di stress elevato. Magari non riuscivamo a liberarci di certi pensieri che ci coinvolgevano troppo.
In quei momenti se cerchiamo di costringerci a dormire è peggio. Perciò, se la sera riesci ad addormentarti, sei già un'esperta nel lasciarti andare! Ora basta che impari ad applicare questa capacità anche alle situazioni della vita desta."
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Vedi anche: Ridurre lo stress e coltivare la serenità con la mindfulness