martedì 10 settembre 2013

Coltivare la terra per coltivare la felicità

Qualche anno fa mi capitò tra le mani un bel libricino dal titolo "Giardino & Ortoterapia - Coltivare la terra per coltivare la felicità", che già dalla copertina cominciò a trasmettermi un senso di pace. All'epoca mi interessavo di terapia occupazionale e quel libro mi fece venir voglia di spingermi (proprio letteralmente) sul terreno della terapia orticolturale, che dopo tutto è una delle possibili declinazioni della terapia occupazionale.
Così, quando mio marito, di lì a poco, mi chiese cosa desiderassi come regalo per una certa importante ricorrenza, non ebbi alcun dubbio sulla risposta: non una festa, non un oggetto, e nemmeno un viaggio turistico. Il regalo desiderato (e anche ricevuto, per la verità) era un corso professionale di terapia orticolturale presso la Scuola Agraria del Parco di Monza! Immersa nella bellezza del Parco, giorno e notte, assieme ad altri che come me erano approdati alla coltivazione della terra nell'intento di coltivare con essa anche un po' sé stessi, ho verificato di persona quanto nutrimento, non solo per la tavola ma anche per lo spirito, si possa  trarre dal lavoro nella terra, sia che si tratti della cura di un orto, sia che si tratti della cura di un giardino. 
E questo senza contare la magia, durante le pause, di mangiare seduti in un prato, di sostare all'ombra di una quercia, di annusare i profumi dei fiori, o di cogliere i giochi di luce tra le foglie. Il che non è soltanto poetico, ma ha anche effetti terapeutici. Tant'è che si parla, in questo caso, di "terapia orticolturale riflessa": perché anche semplicemente starci, nella natura, senza far niente, se non osservarla e percepirla con tutti i sensi, può fare molto bene, può fornire utili stimoli sensoriali ed emotivi, tenere desta l'attenzione, dare un po' di ristoro ad uno spirito afflitto e un po' di pace ad un animo inquieto...
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Ed ora un pensiero tratto dal libro di cui vi ho parlato.
"C'è chi ritiene che orto e giardino implichino filosofie e temperamenti assai diversi tra loro. Innegabile. Il giardino ispira la contemplazione, lì possiamo anche non preoccuparci di ottenere risultati ben precisi. Le piante saranno viste come forme, colori, profumi; lì si pota ma non si va a prendere cosa mettere a tavola. L'orto comporta invece tabelle di lavoro, momenti precisi per la semina, l'irrigazione, il raccolto. Nel giardino ci si può rilassare, sentirsi spensierati e in comunione tranquilla con quanto ci circonda; nell'orto occorre vigilare, avvertire la tensione tra il progetto dell'uomo e la spontaneità della natura.
La tanto millantata separazione tra orto e giardino ha tuttavia senso fino a un certo punto. Se nell'orto si va a lavorare, ci vorrà pure un giardino per pensare a quanto è stato fatto, a quanto resta da fare. Non cura un bel niente l'orto da solo , nella sua nuda essenza, senza la piacevole compagnia di fiori e cespugli e grappoli d'uva e osmanti fragranti e canto di uccelli e api che ronzano inebriate di polline.
Quella che guarisce davvero è la consapevolezza di prendersi cura dell'orto/giardino ritagliando intanto, non importa quanto piccolo, non importa quanto visibile a pochi, un angolo di bellezza nel mondo." 
(Pia Pera, da "Giardino & Ortoterapia - Coltivando la terra si coltiva anche la felicità)
 In questa foto: scorcio dei giardini del Priorato di  Notre Dame d'Orsan
Orto-Aromatico con le canestre di zucche e alle sue spalle la collezione di rose del Giardino di Maria
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"Se vuoi essere felice tutta la vita,
 fa' il giardiniere."
(proverbio cinese)
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Per saperne di più sui benefici dell'ortoterapia come forma di terapia occupazionale, clicca qui,
Per saperne di più sull'ortoterapia riflessa e i giardini che curano clicca qui

(Infine ci sarebbe questa foto
che non è un'inserzione pubblicitaria:
 è solo un libro che vi consiglio!)
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