mercoledì 12 dicembre 2012

Insegna qualcosa. Impara qualcosa.


Alcuni anni fa, in un libricino  di consigli che un padre dava a un figlio,  lessi un consiglio  del tipo: "Insegna agli altri ciò che sai, apprendi dagli altri ciò che sanno". Forse non era questa la frase precisa,  ma il senso era questo, e mi sembrò un buon consiglio. 
Mi ricordava un certo tipo di esperienza che avevo sperimentato da ragazzina, quando frequentavo gli  scout, dove un po' tutti insegnavano qualcosa agli altri e imparavano qualcosa dagli altri: chi sapeva fare bene i nodi insegnava a fare i nodi, chi sapeva suonare la chitarra insegnava a suonare la chitarra (e a loro volta questi  imparavano da altri ad arrampicarsi sugli alberi,  ad accendere un fuoco, e così via).
Questo è un tipo di atteggiamento che inserirei così com'è nel nostro ricettario della serenità.
Essere colmi di sapere in un settore e trasmetterlo ad altri, così, per il puro piacere di farlo, può essere molto gratificante a tutte le età. Se poi si aggiunge a ciò anche la capacità di dismettere ogni tanto i panni dell'esperto, del  maestro, per vestire (magari in tutt'altro settore)  quelli dell'allievo, dell'apprendista, questa può essere una specie di cura di giovinezza: si torna giovani per definizione come i giovani di bottega, e si perde finalmente  un po' di quell'aria saputa che invecchia tanto chiunque ce l'abbia (e che rischiamo di  avere tutti a una certa età, se non stiamo attenti...).
Bene. Tanto volevo dirvi e tanto vi ho detto.
Vi lascio alle usuali citazioni, questa volta sul tema "allievi e maestri".
E questa volta addirittura... autocitandomi!


"Non esiste un maestro assoluto, si è sempre maestro e allievo insieme. Poiché il maestro insegna agli altri ma lui stesso impara dagli altri." (Tradizione orale Dogon)
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"Non si insegna quello che si vuole; dirò addirittura che non s'insegna quello che si sa o quello che si crede di sapere: si insegna e si può insegnare solo quello che si è." (Jean Jaurès)
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"Stasera ho assistito a una grande performance del mio maestro. D'istinto mi sarei alzata e gli avrei fatto un applauso. Ma sarebbe stato come applaudire il vento perché soffia o l'acqua perché esce dalla cannella... le grandi cose con l'aria 'normale'. Allora non ho fatto l'applauso. Ho detto solo grazie. Ma è stato un grazie di cuore. E, giacché mi trovavo, ho ringraziato anche il vento e l'acqua della cannella..." ( Maria Michela Altiero, "Il maestro, il vento e l'acqua della cannella", nota del 27.01.2011)

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"Molti anni fa ho chiesto a un bravo artigiano... che mi raccontasse che sistema usava per insegnare il mestiere a un giovane apprendista. Mi ha risposto semplicemente: 'Sa che cosa facevo? Agli inizi gli dicevo di non fare assolutamente niente, ma semplicemente di osservarmi mentre lavoravo e lo lasciavo guardare per giorni. Poi, quando mi rendevo conto che aveva osservato abbastanza per poter cominciare anche lui, gli dicevo: 'Adesso prova tu da solo e non ti preoccupare se sbagli, perché altrimenti non imparerai mai! E ogni volta che ti rendi conto che sbagli, invece di chiamarmi cerca prima il tuo sistema per risolvere le cose da solo!'. E lo lasciavo provare e riprovare senza intervenire se non quando era proprio necessario, finché trovava il modo che andava bene per lui e così imparava. E' stato un sistema che ha sempre funzionato'." (risposta di Luigi Tinti riportata da Alba Marcoli)